Vino, il lusso esperienziale dell’anfora


Vini in anfora: storia e caratteristiche di un metodo d’affinamento che dal passato guarda al futuro.

Il lusso lo si può misurare in tanti modi senza necessariamente legarsi alla preziosità di un oggetto. Spesso, al contrario, è proprio l’immaterialità di una cosa, la creazione di un’esperienza o di un ricordo, a generare questa sensazione (quella legata al termine “lusso” appunto). Una regola non scritta, che rappresenta però un must nella vita, è quella secondo la quale “non c’è futuro senza passato” ed oggi, più che mai, si cerca di riprendere nel mondo dell’enogastronomia alcune tecniche antiche per la lavorazione di alimenti e bevande che riescano ad esaltarne ancora di più il gusto e a mantenerne intatte le proprietà nutritive. È proprio questo il caso dei vini in anfora.

Un tempo erano la normalità poi, per secoli, sono finiti nell’oblio. Ora tornano in auge e rappresentano anche una delle chiavi per lo sviluppo di questo settore. Trend e storia, si intrecciano intorno a un prodotto che riscopre le caratteristiche e i vantaggi delle giare di un tempo rendendo fondamentale la comprensione di come nascono i vini in anfora.

L’anfora nella storia

L’anfora (o giara) ha rappresentato sin dall’antichità uno dei contenitori per la conservazione dei cibi e delle bevande fermentate. La giara fa la sua prima comparsa con i Greci, poi viene ripresa dagli Etruschi che la diffondono in tutta Italia: al suo interno i vini nascono, invecchiano e vengono trasportati sulle navi.

La capacità d’isolamento termico delle anfore in terracotta consente, infatti, una perfetta conservazione del vino. Bisogna evidenziare però come siano stati i produttori vinicoli della Georgia a riprendere e conservare i metodi e le tecniche di produzione dei vini in anfore, chiamate qvevri: queste vengono interrate fino alla primavera successiva per consentire la fermentazione e l’affinamento dei vini, a prescindere che siano bianchi o rossi. L’Unesco ha inserito i vini georgiani tra il patrimonio culturale intangibile dell’umanità.

Oggi in Italia, dopo anni in cui legno, inox e cemento sembravano aver relegato nell’oblio l’anfora, essa non solo è tornata di moda, ma rappresenta un’alternativa sempre più importante per il futuro del settore. È stato il grandissimo Josko Gravner il primo produttore a sperimentare in Italia, più di una ventina d’anni fa, le tecniche di vinificazione imparate in Georgia: già nel 2000, infatti, sostituì tutti i contenitori della sua cantina con le anfore georgiane. Dopo Gravner, altri produttori italiani hanno seguito questa strada, alcuni dei quali con vini di eccellente qualità.

I benefici dell’anfora sul vino

Ma qual è il motivo per cui i vini in anfora sono così apprezzati? Innanzitutto, l’anfora conserva inalterate le caratteristiche organolettiche del vino permettendo, infatti, una micro-ossigenazione costante che ne mantiene inalterato il sapore. Le sue peculiarità poi, la rendono adatta a vinificazioni diverse rispetto al legno e all’acciaio: rispetto a quest’ultimo, infatti, è più traspirante e porosa così da garantire un interscambio con l’ossigeno esterno che consente un affinamento in ossidazione ideale per i vini che richiedono lunghi tempi di preparazione; rispetto al legno, invece, è più neutra in quanto una barrique, ad esempio, seppure consenta una naturale ossigenazione, trasferisce al vino i suoi profumi ed i suoi sapori, cosa che al contrario, con la terracotta, non accade. Ecco perché l’anfora è indicata per lunghissimi affinamenti e vinificazioni estreme.

Come vengono creati i vini in anfora?

Nella vinificazione in terracotta, le uve vengono messe a fermentare nelle anfore che, in alcuni casi, vengono interrate: il processo parte nel giro di 1-3 giorni e la fermentazione è spontanea in quanto nel vino non vengono aggiunti lieviti. Durante questo processo, avviene anche la macerazione delle bucce ed il produttore effettua la cosiddetta follatura, ossia le vinacce che vengono a galla, sono reimmerse attraverso un procedimento manuale anche per più volte al giorno fino alla fine della fermentazione alcolica. Si passa, quindi, alla macerazione e all’estrazione dei composti organici delle bucce, importanti per definire il profilo aromatico del vino e del suo affinamento.

Al di là poi della qualità e del sapore, produrre vini in anfora offre almeno due vantaggi. Il primo è legato alla durata: questi recipienti sono praticamente eterni in quanto non devono essere sostituiti a differenza del legno che dopo alcuni passaggi va cambiato. Il secondo pregio, invece, risiede nel fatto che la terracotta previene il propagarsi di microrganismi dannosi per il profilo organolettico dei vini che ne provocano odori sgradevoli.

Non può non risultare evidente, dunque, che legarsi all’affinamento in anfora significa non solo aggiungere valore e sfumature uniche al vino, regalando al consumatore la possibilità di scegliere una dimensione gustativa diversa nella quale calarsi, ma anche donare fascino e soprattutto qualità di base grazie al materiale che lo compone che diventa automaticamente “garante” naturale di successo del prodotto, al di là del gusto personale.

Il risultato finale, quindi, è in grado di far emergere un file rouge che attraversa la dimensione dell’eleganza e della qualità legando indissolubilmente i due aspetti l’uno con l’altro. Una riscoperta intelligente che si è saputa adattare perfettamente alle esigenze del palato moderno, dunque, un privilegio gusto-olfattivo che sfuma in un lusso esperienziale, il suo assaggio.

Scritto da Carlo Attisano per mangiaebevi.it

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