Passito, “dulcis in fundo” ma non solo

Dagli antichi Greci ai giorni nostri la percezione del vino passito è cambiata nei secoli, così come la sua produzione che troviamo, in maniera trasversale, in tutto lo Stivale.

Il piacere di un momento di meditazione, la dolce chiusura di un pasto o semplicemente una coccola che ci si vuole regalare. Questi sono alcuni dei piacevoli aspetti che un passito può regalarci.

Nato al tempo dei Greci e dei Romani, il vino passito ha attraversato la storia adattandosi ai gusti del momento e dei tempi correnti. Oggi, dopo una profonda rivoluzione culturale anche nelle metodologie produttive, costituisce una realtà di rilievo nel panorama enogastronomico. Il vino passito va certamente considerato come un universo a parte.In Italia sono poco più di un centinaio quelli censiti e, oltre che nel diversificarli, noi italiani siamo bravissimi a produrli, probabilmente i migliori del mondo.

Oltre ai vari passiti di Pantelleria, al Moscato passito delle Lipari, al Moscato Rosa dell’Alto Adige, al Sagrantino passito umbro, tra le varie tipologie possiamo citare il Recioto della Valpolicella, il Marsala siciliano, il Vin Santo toscano, il Ramandolo friulano e tanti altri che potremmo nominare. Una produzione trasversale dal Sud al Nord dello Stivale italico in cui siamo maestri riconosciuti ed incontrastati a livello mondiale.

La storia del passito

Creati al tempo dei greci e dei romani, dunque, in passato rispecchiavano quello che era il gusto dell’epoca: tra l’altro i vini secchi non erano considerati vini di pregio e questo probabilmente perché non erano né ancora affatto raffinati, né ancora particolarmente buoni. In passato, infatti, non si conosceva l’esistenza dei lieviti (dobbiamo aspettare Pasteur dopo la metà dell’Ottocento) e bloccare la fermentazione o farla svolgere tutta, non era cosa semplice. I vini risultavano infatti spesso abboccati, non completamente secchi (ad esempio il Barolo era amabile e lo Champagne nasceva dolce per diventare secco nel momento in cui si è avuta la padronanza della trasformazione degli zuccheri).

Il vino oltretutto, aveva il problema di essere conservato durante il trasporto (la leggenda narrava che “il barolo non arrivava a Savona e già diventava aceto…”): solo con la solfitazione, infatti, si riuscì a conservare il vino e nello stesso tempo, grazie ad essa, ad eliminare i lieviti. In passato poi e fino al periodo post-fascista, i vini dolci erano poco blasonati, si conoscevano solo marsala (come non citare le mitiche Cantine Florio) e vin santo toscano, sapevano di caramello ed erano appiccicosi o ossidati.

L’acidità del vino è infatti solo un concetto degli anni recenti e inizialmente si dava importanza solo al residuo zuccherino: in realtà anche l’acidità svolge un’azione determinante andando a bilanciare il tenore zuccherino abbassandone la percezione. Quindi, un vino passito che non sia stucchevole, necessita mantenere l’acidità ma, ancora negli anni ’70, i vini passiti erano mediamente scadenti, tipicamente ossidati e con molti difetti strutturali, bassa acidità e molto dolci.

Arriviamo poi negli anni ’90 dove assistiamo invece a un’inversione di tendenza con la quale, ad esempio, le vendemmie per le uve destinate ai passiti vengono anticipate rispetto al passato: lo scopo è quello di ridurre le uve fresche in passite per arrivare alla surmaturazione dell’uva o direttamente in pianta o in ambienti chiusi ma areati, appesi o su graticci, stuoie, paglia, cassette così da concentrare tutti gli zuccheri: le uve dopo l’appassimento subiscono una fermentazione molto lenta e per tempi anche piuttosto lunghi.

Gli abbinamenti a tavola

Bisogna anche considerare poi un aspetto che nel corso del tempo ha caratterizzato l’utilizzo del passito al di là di ciò che si è messo in evidenza all’inizio di questo approfondimento, non solo, cioè, puro piacere nel volersi regalare una coccola, ma anche un ottimo compagno di diversi cibi.

I vini passiti sono eccezionali in abbinamento a dolci come la pasticceria secca in generale, i biscotti, le crostate e le torte a base di frutta, soprattutto frutta secca. La dolcezza tipica di tutti questi prodotti verrà esaltata da quella del vino che, a sua volta, esalterà quella del nettare.

Molto affascinante e ricercato è poi l’abbinamento con il cioccolato: i passiti, infatti, sono una delle poche tipologie di vino in grado di reggere il confronto con la potenza aromatica di questo dolce ed il segreto risiede nell’ abbinare alle varie tipologie di cioccolato un vino passito che pareggi, in termini di struttura e aromaticità, il contenuto di cacao.

I vini passiti possono essere bevuti anche con formaggi erborinati, come il mitico Gorgonzola, di lunga stagionatura: se questi alimenti vengono serviti a fine pasto o costituiscono la portata principale o unica del pasto, il vino passito è infatti un ottimo abbinamento grazie alla sua struttura, morbidezza ed intensità olfattiva che li rendono compagni ideali per queste portate. Chiudiamo esaltando la trasversalità di questo prodotto che non solo ci offre una degna chiusura del pasto con la sua tendenza dolce, il tanto ricercato “dulcis in fundo”, ma può accompagnarci a tavola regalandoci un esaltante e inaspettato abbinamento per palati fini che il tempo ha trasformato in una vera e propria ricercatezza esperienziale.  

Scritto da Carlo Attisano per mangiaebevi.it

 

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