Lambrusco, la leggera frizzantezza dell’essere

Con duemila anni alle spalle, il Lambrusco è, in Italia e all’estero, un vino “sulla cresta dell’onda”. Scopriamo perché.

Forse dopo il termine Chianti, Lambrusco rappresenta da sempre uno dei nomi più identificativi e rappresentativi del nostro Paese e uno dei dettagli più significativi della nostra cultura enologica. Questo da sempre.

La storia

Le origini del Lambrusco si perdono infatti nella notte dei tempi e addirittura, il grande poeta latino Virgilio, nato vicino a Mantova (ancora oggi zona di produzione di un tipo di Lambrusco), nella V Bucolica parla dell’esistenza della “vitis labrusca” già duemila anni fa. L’etimologia più accreditata del nome, infatti, vuole che derivi da labrum (margine dei campi) e ruscum (rovo, pianta spontanea): la vite “la-brusca” è dunque quella che cresce incolta ai margini dei campi.

Il Lambrusco ha attraversato secoli di storia e molto probabilmente è l’unico vino derivante da un vitigno originario della penisola italiana: mentre tutti gli altri vini, infatti, derivano dalle “vitis vinifera”, che ha la sua origine negli altipiani mesopotamici e nel Caucaso, il Lambrusco sembra discenda dalla “vitis silvestris”, una vite selvatica presente in Italia sin dall’antichità e considerata poco adatta alla vinificazione proprio per la sua asprezza (i Romani la chiamavano “vitis labrusca” appunto).

La prova che la “vitis labrusca” abbia poi rappresentato la prima possibilità di venire a contatto con l’esperienza enologica delle popolazioni italiane viene da ritrovamenti proprio nelle zone di produzione attuale, quelle di Modena e Reggio Emilia, di semi di vite silvestre risalenti all’età del bronzo.

Il suo legame con il territorio è fortissimo, quasi indissolubile e per le sue caratteristiche, il Lambrusco si presenta come un classico prodotto del terzo millennio in cui, nonostante la globalizzazione nel settore dei prodotti alimentari, non può prescindere dal legame con la sua regione. Ha infatti conquistato i palati internazionali, eppure per gustarlo veramente, ha bisogno dell’accompagnamento dei prodotti tipici della sua terra d’origine. Difficilmente un piatto di zampone o cotechino modenese può essere gustato appieno senza l’accompagnamento del Lambrusco e sarebbe addirittura difficile stabilire se sia nata prima la cucina modenese o il Lambrusco (!!), tanto i due prodotti sembrano così strettamente interdipendenti.

È giusto dunque, dare a questo vino tutto il merito che gli spetta, perché mentre spesso è etichettato come un vino commercialmente a basso costo, la sua freschezza, i suoi profumi ed il contenuto tasso alcolico, lo rendono invece un simbolo eclettico del panorama enogastronomico del nostro paese per la sua estrema versatilità negli abbinamenti. Per queste sue caratteristiche, il Lambrusco è uno dei vini più venduti in Italia e all’estero e le sue spiccate qualità organolettiche, lo rendono un vino piacevole e beverino, adatto a qualsiasi occasione. Con le doverose differenze del caso, potremmo simpaticamente definirlo come “l’umile” Champagne rosso italiano.

La rivoluzione americana del Lambrusco

“Red Champagne” infatti, è il termine con cui gli americani, in tempi non lontani, lo avevano soprannominato per la sua allegria frizzante, il gusto acidulo, la sua sapidità e la sua leggerezza e con il prodotto francese, il vino Lambrusco ha più di un punto di convergenza, ma in primis le bollicine: frizzante naturale, questo simbolo d’italianità un tempo seguiva i cicli stagionali in cui l’escursione termica invernale bloccava la fermentazione, che poi riprendeva in primavera, per poi arrivare ai giorni d’oggi, dove il processo di produzione viene favorito dalle più moderne tecniche di vinificazione che nel tempo lo hanno sempre più allontanato dall’idea di un “vino contadino”.

Negli anni Settanta avvenne poi “la rivoluzione americana del Lambrusco”: le grandi cantine sociali iniziarono a produrre questo vino su larga scala e con tecniche industriali, per venderlo poi in grande quantità a un nuovo mercato d’oltre oceano di amanti di questa bevanda ricreativa e piacevole, alcoolicamente accessibile e adatta a tutti.

Tanta storia, dunque, ed una tradizione che nel tempo è stata sempre più veicolata attraverso moderni supporti produttivi che hanno apportato enormi miglioramenti al prodotto. La riuscitissima operazione di marketing fece diventare molto ricchi i produttori nostrani, ma provocò la morte del Lambrusco artigianale che anche oggi si porta sulla schiena la nomea di “vino dolce da 8 gradi”.

Il Lambrusco ai giorni nostri

Fortunatamente però, molti preziosi produttori amanti di questo vino hanno continuato a produrre Lambrusco in modo più slow e la tradizione è rimasta così in vita, sebbene molto nascosta. Declinato nelle varie tipologie di produzione, come “Sorbara”, “Grasparossa”, “Salamino”, “Maestri” etc. legate a specifiche zone dell’Emilia-Romagna, oggi il Lambrusco sta finalmente venendo allo scoperto con forza sempre maggiore ed è divenuto comune per gli addetti ai lavori, accostarsi a questo vino con un interesse diverso, più competente.

Per menzionare alcuni punti di riferimento nella produzione del Lambrusco, certamente va citato lo sforzo portato avanti da alcuni produttori d’eccellenza come l’intramontabile Cleto Chiarli, cantina storica di Modena risalente al 1860, che ha mantenuto intatto il processo originale della produzione del Lambrusco rimanendo ancorata ai concept della tradizione, tipicità e territorialità, mediati oggi da strumentazioni moderne che garantiscono alta qualità al servizio della tradizione. Spostandoci poi nella zona del parmense, con altrettanta forza va evidenziato il lavoro della cantina Ceci 1938 che si pone come obbiettivo quello di comunicare una tradizione ancorata ad un’importante visione moderna spinta da un’incessante ricerca sul prodotto e da un approccio estremamente singolare nella creazione di design e packaging per contenere e diffondere il Lambrusco attraverso seducenti ed originalissime bottiglie diventate ormai marchio di fabbrica per la cantina della bassa parmense.

Il contributo poi di importanti sommelier d’Oltralpe, ha anche riservato a questo vino un’attenzione nuova e molto qualificata: a Parigi, ad esempio, eccellenti e rinomati ristoranti della città servono con grande apprezzamento dei loro commensali proprio il nostro “Red Champagne” come aperitivo.

Mentre fino a ieri, insomma, il Lambrusco era un “vino rosso poco impegnativo, dolce e frizzante” e snobbato da moltissimi, da qualche anno invece, è iniziata una nuova era per questo prodotto simbolo d’italianità nel Mondo e vino dalla modernità senza uguali che, con il suo brio e la sua frizzantezza, è come se rispecchiasse una leggerezza d’animo che la convivialità a cui esso viene associato sposa in maniera perfetta in ogni contesto!  

Scritto da Carlo Attisano per mangiaebevi.it

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